Biodanza, presentazione con la dott.ssa Cristina Vannini

Oggi, venerdì 19 febbraio 2016, la dott.ssa Cristina Vannini ha presentato la Biodanza quale aiuto per persone affette dalla malattia di Parkinson. A tal proposito riportiamo l'articolo ripreso dal sito dell'Associazione di Promozione sociale  "Il Cerchio della vita". 

 (Vai al sito: http://www.ilcerchiodellavita.it/File_articoli_ass...  )

Da una stretta e proficua collaborazione fra l’A.P.S. Il cerchio della vita, che promuove la diffusione di Biodanza, e un’equipe di medici coordinata dal Dott. P. Bongioanni dell’Associazione Neurocare onlus, che si occupa di malattie neurologiche e della loro riabilitazione, è nata l’idea di un corso pilota di Biodanza per Parkinsoniani. Lo scopo era di verificare oggettivamente l’efficacia della Biodanza® come approccio complementare alla terapia farmacologica. La collaborazione si è quindi concretizzata nell’organizzazione di un corso condotto dall’operatrice di Biodanza C. Vannini e monitorato dall’equipe medica del Dott. P. Bongioanni che ha eseguito misurazioni di parametri motori, funzionali e psicologici nei pazienti. Il corso si è svolto da gennaio a giugno 2011 a Pisa. Sono stati rilevati sensibili miglioramenti nelle condizioni dei pazienti prima e dopo l’applicazione di Biodanza(1)

Il settimanale è stato seguito da 15 parkinsoniani, 7 caregivers e circa 15 volontari fra cui educatori e fisioterapisti interessati al metodo, biodanzanti esperti soci del cerchio della vita e i medici dell’equipe. La partecipazione è stata di oltre trenta persone a sessione. Il gruppo era molto eterogeneo come età, capacità motorie e estrazione sociale. Tutti i parkinsoniani si sono dichiarati alla fine entusiasti del percorso fatto e hanno asserito di averne tratto giovamento.

Durante il corso stato girato un video, disponibile su richiesta, del quale è stato pubblicato un estratto su Youtube(2)

La Biodanza è una tecnica di integrazione psicofisica basata sul movimento, la musica e l’interazione di gruppo. Rolando Toro(3) , il suo ideatore, uno psicologo e antropologo cileno, ha messo a punto le dinamiche di base di questa metodologia sperimentandole da prima sui suoi pazienti psichiatrici nell’Ospedale di Santiago del Cile. Dopo anni di applicazione in vari ambiti terapeutici, ha scoperto i benefici effetti riabilitativi che Biodanza ha sulla malattia di Parkinson. A differenza dell’approccio della riabilitazione tradizionale, Biodanza lavora sulla parte sana del malato e non sul sintomo. Inoltre induce a muoversi sull’onda delle emozioni evocate dalla musica e dall’esercizio proposto per cui il paziente si muove spinto da una forte motivazione emozionale che lo porta ad eseguire spontaneamente movimenti complessi e gesti di relazione interpersonale che integrano la sua struttura affettiva e motoria. La proposta di Biodanza per parkinsoniani trova la sua motivazione primariamente per rispondere a tre esigenze:

1. Miglioramento della motricità e relativo recupero dell’autonomia,

2. Riduzione dello stato depressivo e contrasto alla demotivazione esistenziale,

3. Riduzione della quota ansiosa.

Nel caso di una malattia degenerativa e progressiva come il Parkinson, il paziente deve affrontare da prima il trauma della scoperta della malattia e in seguito i momenti di acutizzazione o peggioramento purtroppo inevitabili. Spesso la malattia insorge ad un’età in cui la persona è ancora inserita nell’attività lavorativa e questo può costringere ad un pensionamento anticipato e ad una inattività che spesso lo emargina. La crescente difficoltà motoria può causare difficoltà di espressione e tendenza alla dipendenza, aspetti che minano i rapporti affettivi e sociali. La perdita del ruolo professionale e spesso anche sociale, la criticità che può istaurarsi nei rapporti affettivi, fanno sperimentare una perdita di identità: la persona non sa più chi è e non si riconosce nel nuovo stato. Per questo motivo con i parkinsoniani è fondamentale più che in altri casi lavorare sull’identità per rinforzare l’autostima e la fiducia in se stessi e nella vita. Abilità e doti personali, sconosciute o mai coltivate, possono essere scoperte a partire da quel livello di autostima e di fiducia nella vita che la Biodanza può aiutare a riconquistare. Il riscatto delle capacità residue va a diminuire il senso di svalorizzazione spesso sperimentato e aiuta a sentirsi non dei malati ma delle persone con tutta la dignità e la fierezza di cui ogni essere umano è degno. 

Il prendere coscienza del proprio immutato valore aiuta a prendere consapevolezza dei propri limiti e accettare la malattia con più serenità. Accettare con serenità i propri limiti vuol dire imparare l’autoregolazione come gesto di cura e rispetto per se stessi. Imparare a prendersi cura amorevolmente della propria persona è un gesto di amore per la vita che è in noi.

E’ per questo importante che le persone superino la vergogna per il proprio stato, che nel gruppo si crei un ambiente di pari opportunità, un contesto di ascolto accogliente, protetto e non giudicante, dove ognuno possa parlare liberamente dei propri problemi, un ambiente misto e arricchente dove il malato non si senta il destinatario di una terapia specifica per la sua malattia ma abbia la consapevolezza di essere in un percorso di crescita personale condiviso con molti altri.

Per questo motivo è stata estremamente positiva la partecipazione al corso dei molti accompagnatori, operatori e volontari. Hanno portato allegria e vitalità che presto ha contagiato tutto il gruppo, la loro danza ha offerto esempi di schemi motori sani da riprodurre, la loro presenza ha portato schemi comportamentali ben lontani dalla malattia, il loro genuino interesse per ogni persona del gruppo ha permesso di superare il senso di emarginazione e la timidezza per le difficoltà.

La partecipazione alle sessioni di Biodanza dei caregivers, quei familiari o operatori che quotidianamente si prendono cura di una persona ammalata, è stata fortemente incoraggiata.

Biodanza lavora sul rapporto fra le persone e in questo caso si tratta di un rapporto molto importante e particolare, che è messo a dura prova dal progredire della malattia. E’ importante riportare questo rapporto ad un livello di parità dove non ci sia uno che da ed uno che riceve, ma due persone che collaborano con amore e rispetto, ambedue consapevoli che dare è anche ricevere e ricevere è anche dare. Rafforzando con la Biodanza la percezione di se stesso e dei propri bisogni, la persona si sensibilizzia anche ai bisogni dell’altro e va quindi verso una relazione sempre più empatica e rispettosa delle necessità di ognuno.

Il lavoro, costantemente proposto, di contatto e carezze, mentre stimola un recupero della percezione corporale spesso ridotta dalla malattia, permette di sentire cosa vuol dire avvicinarsi all’altro, toccare ed essere toccati con un tocco sensibile, riappropriarsi del piacere del gesto integrato con l’emozione.

A conclusione del corso, visti i risultati incoraggianti ottenuti (riduzione dei sintomi depressivi, significativo miglioramento nella funzionalità motoria e nelle attività della vita quotidiana, aumento del senso di benessere), è stato deciso di continuare la collaborazione proseguendo l’attività di Biodanza e di monitoraggio con un programma che si estenda a coprire anche il periodo estivo.


(1) Bongioanni P. Effetti della Biodanza sulla funzionalità dei Parkinsoniani,

Atti del III Forum Internazionale di Biodanza clinica e sociale, Vicenza (2012).

(2) Vannini C & Bongioanni P. Corso di Biodanza per Parkinsoniani e loro caregivers,

Video su YouTube      (2012).

(il video in forma integrale può essere richiesto a biodanza.naturopatia@gmail.com)